Il presidente dell'associazione Domenico Della Gatta scrive al DG del Policlinico Vincenzo Panella: “Il nostro contributo per il rinnovo del contratto non è stato accettato, e l'assistenza dei pazienti è a rischio”
Roma – Due contratti non rinnovati, quelli di un medico e di un amministrativo, stanno creando pesanti disagi alle persone affette da ipercolesterolemia familiare. Accade al Policlinico Umberto I di Roma, dove questi pazienti effettuano un trattamento extracorporeo salvavita: l'aferesi delle lipoproteine.
La vicenda inizia nel febbraio 2017, quando il Policlinico rifiuta la proposta di erogazione di un contributo liberale da parte dell'ANIF, l'Associazione Nazionale Ipercolesterolemia Familiare, per la prosecuzione del progetto “Screening, diagnosi e terapia delle gravi dislipidemie geneticamente determinate”. Questo contributo permetteva da diversi anni all'Azienda di rinnovare due contratti di collaborazione a progetto: il primo a un medico chirurgo altamente specializzato e di pluriennale esperienza nella cura dei pazienti affetti da queste patologie; il secondo a un assistente del settore amministrativo, per la gestione protocollare delle relative pratiche.
Entrambe le figure operative, di riconosciuta professionalità, lavoravano presso il Centro Regionale Lazio – Malattie Rare Neurometaboliche – Tecniche Terapeutiche Extracorporee – Gravi Dislipidemie Genetiche del Policlinico Umberto I, diretto dalla prof.ssa Claudia Stefanutti. A cercare una soluzione è Domenico Della Gatta, presidente dell'ANIF, che nel maggio 2018 scrive una lettera al Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera, Vincenzo Panella.
Tuttavia la missiva non ottiene risposta, così come le successive, numerose, richieste di incontro. Ma l'associazione, che rappresenta i pazienti italiani affetti da ipercolesterolemia familiare omozigote ed eterozigote e da altre dislipidemie geneticamente determinate, non si dà per vinta: Della Gatta cerca ancora una volta il dialogo, con una lettera aperta al Direttore Generale.
“L’azienda sanitaria ha motivato la mancata accettazione del contributo asserendo che tali forme contrattuali alimentino il precariato”, spiega il presidente dell'ANIF. “Di fatto, la prof.ssa Claudia Stefanutti, per l’unicità della sua qualifica e per gli impegni che la occupano anche a livello accademico, soffre della mancanza di un 'alter ego' professionalmente idoneo nella cura dei pazienti, con difficoltà facilmente immaginabili anche nell’ambito amministrativo, ora ulteriormente aumentate con l’introduzione del Registro delle Malattie Rare”.
Di fronte a questa situazione particolarmente delicata e palesemente anomala, l’ANIF ha pensato addirittura di adire le vie legali per tutelare la salute di chi soffre di tali patologie. Tuttavia, questa ipotesi non è stata seguita: si è scelto piuttosto di portare avanti un colloquio fra il legale dell'associazione, l’avv. Delia Palmieri, e l’Ufficio Risorse Umane del Policlinico. Tuttavia, una soluzione condivisa al problema non è stata ancora trovata.
“Tra le possibilità analizzate dall’associazione – precisa Della Gatta – vi sarebbe stata anche quella di contribuire essa stessa, in parte, con le sue risorse, ad una contrattualizzazione del medico. Anche il ricorso ai fondi regionali per le Malattie Rare, destinati ai centri di alta qualificazione scientifica, potrebbe costituire una concreta possibilità di mantenere in vita queste prestazioni mediche specialistiche”. Della Gatta, nella lettera aperta, evidenzia la grave carenza di clinici altamente qualificati necessari ad affiancare la prof.ssa Stefanutti. “L’esperienza pluriennale della figura medica, indispensabile per l’attività del Centro, che operava in assenza della responsabile, non è infatti reperibile tra i medici strutturati”, conclude. “Questa professionalità nel settore richiede infatti un necessario 'iter sul campo', ovvero una specializzazione di almeno quattro anni”.